Se vai lungo la costa dello Jonio
da Reggio a Squillace, osservali
gli scheletri di muri che la ‘ndràngheta
ha disseminato lungo il litorale
e rifletti se questo è il Paese
magnifico che abbiamo ereditato
dagli antichi Greci e dai Normanni.
Considera poi che la bellezza
è soltanto una piccola preda
nel carniere dei loro misfatti:
rifletti sulla tua stessa vita
aggrovigliata nel disordine e nel grigio
dell’incertezza che ti consegna inerme
a giochi segreti e perversi
di massoni deviati;
non crederti indenne perché abiti a Milano
o al Nord o in Inghilterra,
in ogni Paese ormai la guerra
unilaterale è da tempo dichiarata:
la ‘ndràngheta avanza, il mondo
le cade tra le braccia
– illuso di sconfiggerla
con l’efficienza della polizia
o il candore dei fragili versi
d’una poesia –
(Gianmario Lucini)
I risultati della Sezione A
Vincitore
Alessandro Franci
da La lingua convenuta
La polvere dei cementi
è l’esito della storia
quel che resta,
la somma di intonaci guasti
delle periferie di mezze case,
di androni senza luce e fragranza,
anditi ciechi
in una fretta che incombe
sui passi e sulle culle
sui sipari che calavano ogni sera
(sera grande di rane e grilli
urti di cancelli chiusi
spolpata fino all’osso,
prima del cielo e delle stelle)
Seconda classificata
Mara Venuto
Su via Mazzini, malfermi due negozi
si reggono l’un l’altro,
fianco a fianco non parlano la stessa lingua.
Una venere nigeriana in cassa
accusa il suo uomo, non paga abbastanza
per il figlio e il bambino lo ammazzerà.
Nel buco accanto, un vecchio spezzato
accoglie i clienti nella sua lingua,
un dialetto portuale per prodotti fuori moda.
La moglie aveva buon gusto,
ma non sa più a sorridere a comando
e preferisce le televendite.
In quella strada grida una stanchezza moderna,
un alone incompreso di scarto.
Terzo classificato
Adriano Cataldo
da Rifiuto residuo
Conosce vari modi di sparire.
All’ombra di un bidone, impunemente
il tetrapak di latte sembra fugga
il troppo sole, che tetramente lo deperirà.
Ai bordi della strada, prostrato sulla schiena
nella fuga, al cane si sommano i solchi di gomma.
Il prodotto, come scopo, promuove l’immagine.
Segnalati
Enea Roversi
da sensibile alle minuscole
il negozio di scope
c’era a edimburgo un negozio di scope
poi dietro la curva la musica dal vivo
nel pub oscuro con la joyciana insegna
e densità elevata di corpi in movimento
la birra scura catalizzava umore e sensi
gli artisti di strada un folle circo colorato
pur non essendo giovani (ma certo più di ora)
nel cuore portavamo un sole intenso
la pioggia del nord mica ce lo spegneva
sai, se quel negozio fosse aperto ora
ci comprerei senza esitazione alcuna
la scopa perfetta per volare in cielo
o per spazzare via almeno una paura
tra tutte quella di invecchiare male
Alfonso Maria Petrosino
da Oblivia
Luna park
Mi sono perso nelle tue sinapsi,
specchi anamorfici di un luna park,
e uscite non ce n’è di sicurezza.
Un tempo c’era un modo per tornare
a casa. Calcolo con Google Maps
quant’è lungo il tragitto per l’imbarco
sull’Acheronte: un’esistenza e mezza.
Se proprio devo ahimé dimenticare
il tuo indirizzo, inizierò dal CAP
e seguiranno il civico e la via.
La chat con tutti i tuoi messaggi: reset.
Confonderò le coordinate: nord
la latitudine, est la longitudine,
dodici cifre e il segno della croce.
Le nostre frasi resteranno appese
ad una corda, ecco così: ti scordo
come un weekend di sogno il lunedì.
Ma Spotify mi dice sottovoce
que tengo miedo a perderte despuès,
perdere chi non è mai stata mia.
Gisella Genna
da Rarefazione
L’affondo del reale, il nostro freddo –
la parola si fa marginale,
sfioramento senza peso dei corpi.
Resa del tronco spezzato nell’aria
di gennaio – se solo
riuscissimo a credere.
Monica Guerra
da Kabul – fotogrammi
un doppio obiettivo centrato
4.000 soldati ancora da evacuare
ma Joe Biden non darà tregua
la giustizia è nelle mani un drone
nient’altro da dichiarare
Silvia Monti
da Betulle (e altri alberi)
Ti chiedo solo questo, punto e basta,
dio che a volte scompare e a volte sovrasta:
fammi uscire
dalla mia testa
e libera anche il corpo
e tutta quanta la felicità,
tutta, e tutta quanta.
Non ho paura, abbonda.
Raccogli la mia sfida,
scegli la mia preghiera
sono assolutamente vera
quanto l’amore
che ti chiedo e che mi spetta.
Tutto, e tutto quanto.
Tanto, tanto.
Patrizia Sardisco
da Scorci (Bucce)
II
Munnari, ma chiossai arrimunnari
scippari e sàrbarisi ‘abbruciuri ri manu
nfìlitu nta na parola cchiù chi nura
a peddi arrascata.
E ‘un fari focu i ramagghia e erba tinta:
vrùricalli, e ‘ardìcula accustaricci u sonnu
nchiuvari ‘aricchia o tirrenu, vivirisicci u ciatu.
Cugghiricci i virdi a varcoca sarbaggia
sarballu nna lingua:
è virità sulu siddu è zurbusa
quanno è nzitàta è scantu c’abbacamu
‘annurbata r’a vestia nno sbalancu
Sbucciare, ma di più potare/sradicare e serbare il bruciore delle mani/infilato in una parola più che nuda/la pelle abrasa./Non dar fuoco a sfalci ed erbacce:/sotterrali, e frequentare le ortiche con la tempia/inchiodare l’orecchio al suolo, berne il fiato./Cogliere l’aspro nell’albicocca selvatica/serbarlo nella lingua:/è verità solo se allappa/quando è addomesticata è paura che plachiamo/la bestia resa cieca lungo il precipizio.
Adriana Tasin
da Sopra vivenze
quando raggiungi la sommità ti prende quello stordimento
che a guardarli quei sassi che rimbalzano spinti giù dall’ultimo passo
a vederli quei paesi in lontananza che paiono pugni di luce nell’erba
a immaginarli quegli uomini nei rifugi che osservano il cielo dalle grate
ti impressioni per quanto tutto è piccolo e non manda rumore
è come se tutto di colpo apparisse illuminato nell’ascolto muto
Alfredo Panetta
da NDRANGHETA.
A JURTA
-Ammata allucchi jà!
Mpungatu ‘nzin’e dinocchjia
‘nto pontanu, t’arrotuli a ‘na furca
e, screpituni
spacchi l’aria a menzini:
‘nzoccu tocchi ajumi!
-Eu non mi spagnu,frati,ma m’arrassu
scugnu mentrasti
tra a me carni e tìa
eu tegnu sulu vrazza d’ammojari
‘nta ll’acqua ‘ncatricata d’a hjumara.
LA LOTTA
-Ancora, ancora insisti!
Sprofondato fino alle ginocchia
nel pantano, ti contorci a una falce
e, all’impazzata, fendi l’aria
in due parti: ciò che tocchi infiammi!
-Io non ho paura, fratello
ma mi scanso, tolgo sterpaglie
tra la mia carne e te
ho solo queste braccia da bagnare
nell’acqua piena di trappole della fiumara.
Barbara Vuano
da Trecentosessantacinque luci si spensero all’alba
Mentre tu precipiti
sale dalla terra ovunque
come se non ci fosse
altro giorno
un nulla dappertutto
dai pruni dai noccioli dai fossi
con la stessa determinazione
del bollitore
rompe l’involucro
impossibile tacere
le ore ceche della prigionia
le orribili ore ceche
viene su dalla notte come il caffè
l’odore di letti sfatti, di muri
vuole ricominciare
dalle rive erbose
il balsamo, sprout germoglio
viene su dalla notte, con urgenza
il balano dell’ultimo miglio
lacera la notte
viene su, viene su, cresce
la punta acuminata
senza un saluto, come diventato un cuore
viene.